La diretta dipendenza dalla Sede Apostolica

La cattedrale di Melfi venne con molta probabilità sottomessa direttamente alla Sede Apostolica da papa Alessandro II, per volontà di Roberto il Guiscardo; nei primi decenni della sua vita il vescovado di Melfi fu infatti sede suffraganea del vescovo di Canosa (e Bari). Tale importante concessione non stupisce, considerata la centralità della città di Melfi quale grimaldello della conquista normanna e il forte legame con i primi Altavilla: nel 1042, infatti, da Melfi, uomini provenienti dal nord cominciarono a scrivere una nuova pagina della storia dell’Italia meridionale, i cui riflessi investirono non solo la storia politico-istituzionale del Mezzogiorno, ma anche la vicenda delle istituzioni ecclesiastiche. In particolare, Melfi assunse con i normanni il ruolo di centro propulsore e capitale morale della conquista della Puglia, dove si riunirono le assemblee e i sinodi che affrontarono i problemi più gravi della conquista: nel 1059 a Melfi, durante il famoso sinodo presieduto da papa Niccolò II, i normanni ricevettero l’investitura pontificia e con essa la legittimazione delle proprie conquiste. La diretta dipendenza dalla Santa Sede e lo stretto legame con i pontefici trovano conferma in documenti papali successivi: nel 1101 Pasquale II, unitamente alla conferma di tutti i beni precedentemente donati da Ruggero Borsa, statuisce che i presuli di Melfi riceveranno la consacrazione direttamente dalla Sede Apostolica:
Porro in legitimum sempiternum sancimus ut quicumque deinceps episcopi Melfitana in ecclesia Deo actore successerint ab Apostolice nostre Sedis pontifice consecrationis gratiam sortiantur.
Il legame dovette mantenersi saldo attraverso i secoli; invero, sullo scorcio del XV secolo, nel 1486, papa Innocenzo VIII indirizzò a re Ferdinando d’Aragona una lettera apostolica per raccomandargli il neo eletto vescovo di Melfi, Francesco Caracciolo
Immagine: Il Papa Niccolò II nomina Roberto il Guiscardo Duca di Puglia e Calabria.